Un docente ha cercato di analizzare pericoli e caratteristiche del web per i giovani: i risultati sono allarmanti
Il professore di lettere pesarese Giammarco Cecconi ha redatto un diario dei 45 giorni trascorsi sul web tra i pericoli e le minacce che caratterizzano la navigazione degli studenti adolescenti, pubblicato da “Letteratura Alternativa Edizioni“. L’opera, “45 giorni in Rete“, ha avuto tale eco che la casa editrice ha appena comunicato all’autore la presenza del titolo al Salone del libro di Francoforte. La prefazione, curata dal già sostituto commissario della Polizia di Stato, Marco Lanzi, esperto di bullismo e cyberbullismo, non fa che confermare l’importanza dell’indagine fatta dal professore.
“Internet è costellato da fallimenti sociali – osserva Lanzi –: si può mentire, perseguitare; spillare soldi; essere aggressivi; diffamare e calunniare senza limiti. Questo libro, combinazione di informazioni approfondite ed esempi reali, narrati da adolescenti in prima persona sotto forma di diario, è un riferimento: una guida per affrontare una vera emergenza“. Per Lanzi, quindi, il libro può essere un’ottima bussola e una guida per genitori, insegnanti ed educatori perché, chi tra gli adolescenti offende, minaccia, istiga ad atti autolesionistici commette reati, spesso può ignorare la gravità di quanto commesso e sottostima il disagio e il danno procurati alla vittima.
Diverse sono le testimonianze riportate sul libro. Per esempio in data domenica 12 gennaio Cecconi riporta l’esperienza di Max, 14 anni, autore di un fotomontaggio “hot“. Insieme all’amico Luca, infatti, ha scaricato un’applicazione che “spoglia le ragazze“, cioè usa l’intelligenza artificale per denudare una ragazza, partendo da una foto presa sul profilo social. I commenti dei due ragazzini sono inclementi: “Romina sembra una balena! Nicole invece è bellissima. Le foto sembrano proprio vere: le terremo per noi, per ridere, ma so che Luca non resisterà molto senza farle vedere in chat“. I due ignorano che anche in presenza di materiale contraffatto, possedere quelle foto è reato. Si tratta di detenzione di materiale pedopornografico. Perché si configuri il reato “basta solo averla nel cellulare o addirittura averle ancora nel cestino del computer.
La storia continua: lunedì 11 febbraio, Cecconi, annota la testimonianza della 13enne Nicole: “Sono distrutta. Ho scoperto che girano delle mie foto in chat. Non le ho ancora viste, ma Wilma mi ha detto che in quelle foto sono nuda. Come è possibile? È un vero incubo…“. In effetti è uscito un articolo di stampa sulla cronaca di Latina il 23 settembre scorso di una prof “spogliata“ con l’app sopracitata. Il web, purtroppo, è capace anche di questo. In un oceano così grande e sconfinato bisogna navigare a vista.
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