Prima di accettare o proporre un contratto del genere, è opportuno domandarsi se sia effettivamente legale
Affittare un locale commerciale o un ufficio a uso abitativo può sembrare un’opzione allettante per molti, tuttavia è importante comprendere le implicazioni legali e fiscali di tale scelta. Innanzitutto, è legale vivere in un locale commerciale? La risposta è no, poiché i locali commerciali non sono destinati all’abitazione. Tuttavia, esistono alcuni locali accatastati come per “uso commerciale” che vengono proposti come abitazioni. Anche i proprietari di uffici vuoti potrebbero pensare di affittarli come appartamenti per sfruttare un mercato maggiore. Tuttavia, questa opzione non è consigliabile, in quanto non è possibile trasferire il proprio domicilio o residenza in un locale commerciale.
Inoltre, quest’ultimi non possono accedere alle detrazioni previste per gas, acqua e luce riservate ai locali a uso abitativo, il che significa che pagano utenze maggiori e un’IMU superiore rispetto alle prime case. Infine, per abitare in qualsiasi luogo è necessario che venga concesso il certificato di abitabilità, il che non è possibile per i locali commerciali. Sebbene non sia strettamente vietato passare una notte nel proprio luogo di lavoro, questa opzione non è consigliabile per un lungo periodo di tempo. Invece, potrebbe essere più conveniente trasformare l’immobile in un’abitazione attraverso un cambio di destinazione d’uso.
La categoria catastale è un’altra questione importante da considerare nell’affitto di un locale commerciale o a uso ufficio come abitazione. Quando si affitta un immobile, o una stanza, è richiesta dalla legge la registrazione del contratto presso l’agenzia delle entrate entro 30 giorni dalla firma del contratto. All’interno di questo è necessario anche indicare la categoria catastale. Infatti, attraverso i dati catastali verranno calcolate sia l’imposta di registro, sia quella sui rifiuti. Quindi, indicare una categoria catastale diversa da quella reale risulterà come evasione fiscale.
Se si affitta un locale commerciale come abitativo, verranno richieste le tasse non versate in base a quelle calcolate con la diversa categoria catastale. Questa differenza delle imposte può essere chiesta al massimo fino a 5 anni indietro nel tempo, e si è passibili di una sanzione di un minimo del 120% fino al 240% dell’imposta dovuta. Queste conseguenze sono le stesse sia che si indichi la corretta categoria catastale nel contratto, affittando l’immobile a uso diverso, sia che venga inserita una categoria catastale differente rispetto a quella reale, per farla corrispondere all’uso che si fa dell’immobile. Mettere la categoria catastale sbagliata, per legge, equivale a non averla indicata, esattamente come quando si fa un uso diverso rispetto a quello previsto. Quindi, anche se non è espressamente vietato affittare un ufficio come abitazione e viceversa, esistono conseguenze dal punto di vista fiscale per chi lo fa.
L’unico modo per affittare un ufficio a uso abitativo è attraverso un cambio di destinazione d’uso registrato presso il catasto. In questo modo, rispettando tutte le richieste previste per gli immobili ad uso abitativo, come ad esempio la presenza di un bagno con doccia o vasca, l’altezza minima dei soffitti e la proporzione tra la superficie del locale e le finestre disponibili, si potrà affittare l’immobile a coloro che cercano una casa. Tuttavia, è importante considerare che esistono linee guida specifiche per la conformità agli standard abitativi, ma le regole possono variare da regione a regione e possono essere più o meno rigide.
In generale, queste regole riguardano la salubrità degli spazi che si intendono abitare o mettere in affitto. Se un inquilino utilizza un ufficio o un locale commerciale come abitazione, va contro quanto stabilito dal contratto di locazione e il proprietario ha il diritto di recedere dal contratto e richiedere lo sfratto. La stessa regola si applica anche nel caso opposto, quando un’abitazione viene utilizzata come locale commerciale, a meno che ciò non sia consentito dalla legge. Ad esempio, un freelance che lavora da casa può farlo anche se l’immobile è in affitto.
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