I ben 22 miliardi di euro di gap generati hanno provocato le critiche di Lagarde e la preoccupazione generale
Il meccanismo di rivalutazione o perequazione delle pensioni, che prevede l’adeguamento degli assegni ogni inizio anno in base all’andamento del costo della vita, è stato messo sotto i riflettori da Christine Lagarde e Pasquale Tridico, presidente dell’Inps che si appresta a lasciare l’incarico. Lo strumento garantisce aumenti costanti ai pensionati, come quello iniziale del 2023 che ha portato ad un incremento massimo del 7,3% degli assegni, in linea con il tasso di inflazione medio (provvisorio) rilevato dall’Istat negli ultimi 12 mesi.
Tuttavia, la rivalutazione delle pensioni non è apprezzata da tutti e presenta delle problematiche. Nel caso della presidente della Banca Centrale Europea, la contestazione riguarda il fatto che l’indicizzazione delle pensioni rappresenta un ostacolo alle politiche volte a frenare l’inflazione. Secondo Lagarde, strumenti come la perequazione, come dimostrato in passato, contribuiscono ad alimentare l’aumento dei prezzi, rendendo l’inflazione incontrollabile. Per Tridico, invece, il problema riguarda principalmente il bilancio. Con l’aumento delle pensioni derivante dalla rivalutazione, la spesa pensionistica è aumentata. Tuttavia, le entrate non hanno subito lo stesso incremento, poiché gli stipendi sono rimasti fermi.
Tridico ha sollevato anche un’altra preoccupazione riguardante il futuro, quando il rapporto tra pensionati e lavoratori, che sostiene la stabilità della spesa pensionistica, potrebbe raggiungere un livello di uno a uno. Questo aspetto è ancora più preoccupante se si considera che già oggi in molte province il numero dei pensionati supera quello dei lavoratori. Il presidente dell’Inps ha evidenziato l’impatto della rivalutazione sull’aumento della spesa pensionistica, che a causa dell’alto tasso di inflazione ha garantito aumenti anche a due zeri per i pensionati. Mentre coloro che ricevono una pensione potrebbero gioire per l’incremento, l’Inps deve affrontare una maggiore spesa senza un aumento corrispondente delle entrate.
L’Istituto è finanziato dai contributi versati dai lavoratori, calcolati in base allo stipendio (per i dipendenti) e al reddito (per i lavoratori autonomi). Il fatto che gli stipendi non siano cresciuti, a differenza delle pensioni che sono legate all’inflazione, ha creato uno squilibrio di qualcosa come 22 miliardi di euro. Nonostante le critiche, però, al momento la rivalutazione delle pensioni non è in discussione. C’è da considerare che il tasso d’inflazione è molto alto: nei primi quattro mesi del 2023, infatti, è stato accertato un tasso medio dell’8,75%. Ciò comporta un aumento della spesa per le pensioni, che potrebbe influire sulla riforma in cantiere. In particolare, l’incremento della spesa pensionistica potrebbe limitare le possibilità di rivedere la legge Fornero, introducendo misure di maggior flessibilità.
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