Avete mai sentito parlare dell’anuptafobia? Si chiama cosi la paura di non riuscire a trovare un partner. Di cosa si tratta?
Forse non si è sentito troppo spesso parlare di questo problema, eppure esiste ed è l’anuptafobia, ovvero una paura irrazionale che le persone hanno di rimanere single: il problema pare interessare entrambi i sessi anche se non è proprio cosi.
Secondo le parole della neurologa e psicoterapeuta Maria Cristina Gori, pare che il problema colpisca nella maggior parte dei casi le donne di età compresa fra i 30 e i 40 anni, le stesse che hanno intenzione nella maggior parte dei casi di mettere su famiglia e di fare dei figli.
Ma non finisce qua, esistono due tipi anuptafobia e sono:
- attiva: l’anuptafobico si rivolge ad amici e parenti e li coinvolge nella ricerca del partner. Oppure si iscrive a siti di incontri e ad agenzie matrimoniali. Quasi sempre la sua identità personale è sfumata e labile;
- passiva: l’anuptafobico ha un umore tendenzialmente depresso. Vive la condizione di “solitudine” con estrema angoscia e si crogiola in pensieri autolesionistici.
Anuptafobia, quali sono i sintomi con cui si presenta?
Allora, come detto prima, si tratta della paura di non riuscire a trovare un compagno o una compagna e in linea di massima si riconosce per vari segnali che sembrano davvero essere inequivocabili.
- Non sceglie il partner: non importa che il compagno non rispetti le proprie aspettative, ciò che conta è dimostrare a sé stessi e agli altri di essere in coppia;
- Vive sempre in una relazione: dopo la fine di una storia non si concede il tempo di elaborare il “lutto” ma si butta a capofitto nella ricerca di un nuovo partner;
- Perde la propria identità: in una relazione dimentica i gusti, le preferenze, gli ideali e fa propri quelli di chi ha accanto;
- Resta in contatto con gli ex: la finalità non è quella di voler instaurare un’amicizia ma di concretizzare un ritorno di fiamma nei momenti in cui la solitudine diventa oltremodo insopportabile;
- Esagera durante i primi appuntamenti: parla troppo, racconta particolari molto personali, viola i confini fisici. Lo scopo non è quello di conoscere l’altro, ma di iniziare quanto prima una storia.
Ovviamente come per tutte le cose anche questo problema è legato a qualcosa che magari fa parte del proprio passato, potrebbe infatti essere conseguenza di traumi infantili, di una predisposizione genetica e di una combinazione di fattori biologici e ambientali. Una cosa è certa. E non finisce qua, chi si trova a sperimentarla in generale sviluppa poi degli stati di completa tensione che può anche diventare ansia e poi depressione e poi anche attacchi di panico.