Attacchi di panico, cosa fare in questi casi?

Che cosa si deve fare quando ci si trova nella condizione di soffrire di attacchi di panico? Come risolvere la questione?

Purtroppo sono tante, forse troppe le persone che si trovano nella situazione di soffrire di attacchi di panico, il caso è quello di una ragazza che ha chiesto aiuto scrivendo: “Da un mese soffro di attacchi di panico e ipocondria, ho fatto degli esami ed è risultato tutto nella norma, compreso l’elettrocardiogramma perché avevo delle forti aritmie. Prendo bisoprololo, paroxetina, diazepam e alprazolam. Ora non ho più attacchi, ma vivo comunque con l’ansia, ho paura ad alzarmi dal divano perché mi gira la testa e mi sento tremare tutta. Ho 40 anni, è un mese che sono chiusa a casa e non so come reagire”.

Attacchi di panico
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Una situazione particolare dalla quale nonostante tutto non riesce ad uscire e sulla quale è intervenuto Giancarlo Cerveri, direttore Unità operativa complessa di Psichiatria, Asst di Lodi.

Partiamo dal presupposto che questo disturbo è una patologia psichiatrica molto diffusa ma che delle volte non viene presa in vera considerazione: gli stati che sono stati descritti, cosi come riporta l’esperto sono quelli esatti: “Tachicardia, difficoltà respiratorie soggettive, tremori, sudorazioni) che spinge al convincimento di essere affetti da una condizione medica acuta e grave. Spesso chi ne soffre si rivolge continuamente al Pronto soccorso. La paura di morire, per quanto riconosciuta come irrazionale, diviene incoercibile. Eppure i sintomi più invalidanti sono altri. Dopo l’attacco, che generalmente dura meno di 30 minuti, prevalgono sintomi ascrivibili a un’ansia anticipatoria, la paura di un nuovo attacco che finisce per occupare l’intera giornata e la notte”.

Attacchi di panico, cosa fare per poterne uscire?

Insomma è davvero un problema da non sottovalutare quello legato al panico e agli attacchi che purtroppo tantissime persone si trovano a vivere giorno dopo giorno. La domanda però a cui l’esperto risponde ha proprio a che fare con la soluzione o per lo meno con il tentativo di una soluzione.

“Vengono messe in atto condotte di evitamento, cioè si evita tutto ciò che fa pensare possa scatenare una nuova crisi. Alcuni pazienti finiscono per rinunciare a tutto e rimangono chiusi in casa, perdendo qualunque forma di attività. È chiaro che spesso l’esito è una demoralizzazione secondaria profondamente invalidante. In sintesi il disturbo, se non trattato, è molto grave. Come si cura? Gli interventi sono diversi a seconda dei momenti e della gravità. Il trattamento farmacologico d’elezione è basato sugli inibitori della ricaptazione della serotonina (Ssri), di cui fa parte la paroxetina. Sono farmaci che necessitano di un tempo non breve prima di dimostrarsi efficaci. Sono generalmente abbastanza ben tollerati” ha ammesso il medico, ma non finita qua.

Nelle prime fasi di trattamento il consiglio è anche quello di associare degli ansiolitici per potere in qualche modo aiutarsi ad allentare l’ansia e poi anche modificare il proprio stile di vita e quindi: migliorare il sonno e limitando l’uso di sostanza che possano essere eccitanti, come: caffè o bevande energizzanti.

Per finire, anche del sano esercizio fisico fa bene, il giusto sarebbe quello di farlo tre volte a settimana. Nel caso in cui servisse, anche l’aiuto psicoterapico può solo che fare bene.