Il presidente del Napoli Aurelio De Laurentis, dopo aver riportato lo scudetto sotto al Vesuvio, spiega la sua ricetta per rilanciare il calcio
Il presidente del Napoli neo campione d’Italia, in un’intervista al quotidiano La Repubblica, spiega la sua visione del calcio per il prossimo futuro, dal campionato da giocare in estate ai due campionati europei, dalla gestione degli stadi alla visione egoistica di UEFA e FIFA.
Dopo 33 anni da quelli targati Diego Armando Maradona, il Napoli allenato da Luciano Spalletti torna a vincere lo scudetto. E lo fa in maniera netta con 5 giornate d’anticipo, dominando dalla prima giornata tutte le avversarie.
Alla fine la festa è esplosa davvero e una città intera ha potuto dare libero sfogo a una gioia repressa da troppi anni e che in questa stagione aveva montato domenica dopo domenica in un crescendo di vittorie e di punti di vantaggio, mai così tanti da quando esiste il calcio moderno. Il Napoli campione d’Italia è il coronamento di un lungo percorso condotto dal suo presidente quando lo rilevò in fallimento dopo essere stato costretto a ripartire dalla serie C. Oggi De Laurentis non è soltanto un imprenditore felice, è anche un presidente di una società di calcio con tante idee nuove e rivoluzionarie per cercare di dare un nuovo impulso al calcio forse troppo moderno. “Il calcio è il gioco più antico del mondo, talmente antico che pensare che debba rimanere così com’è è sbagliato”, attacca subito il presidente nell’intervista a Repubblica, “Innanzitutto noi abbiamo un grandissimo problema con gli stadi: tranne qualche rara eccezione, sono obsoleti, la partita si vede male, c’è la pista d’atletica, come a Napoli o a Roma”. Secondo De Laurentis ci sarebbe bisogno di ripartire dalla base, cioè dai ragazzi, per far tornare la vera cultura del calcio. “Pregherei il ministro dell’Istruzione di immaginare un paio di lezioni al mese da un’ora, dove lo Spalletti o l’Ancelotti della situazione comincia a raccontare agli studenti, dalle elementari alle superiori, che cos’è una partita, che cosa significa un modulo, quali sono i ruoli dei giocatori”, provoca l’imprenditore.
Il presidente si toglie parecchi sassolini dalle scarpe e non le manda certo a dire anche alle due massime associazioni calcistiche, affermando che Uefa e Fifa sono assenti per egocentrismo ed egoismo, dato che per loro esistono solo le votazioni per essere riconfermati, senza porsi altri problemi. L’ultima finale di Champions a Parigi, un anno fa, con la gente che ha rischiato di morire, tra bambini che urlavano e mamme spaventate, non è stato certo un bell’assist al calcio. L’ultima proposta che sa di provocazione arriva sul calendario del campionato da rimodulare. “Perché giocare d’inverno con la neve, la pioggia, la grandine?”, è la domanda che si è posto Aurelio De Laurentiis, “Non potremmo cominciare in tutta Europa il 1° aprile? Non è un pesce d’aprile, ma una necessità. In 7 mesi fino a ottobre si potrebbero disputare campionati nazionali e Coppe europee. Da novembre a marzo restano 5 mesi per far riposare i signori calciatori, andare in ritiro, giocare con le nazionali”.
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