Carta clonata, ecco in che modo ottenere il rimborso

Che cosa succede quando ci viene clonata la carta di credito, è possibile chiedere un rimborso e in che modo avviene?

Il rimborso nel caso in cui la carte di credito venisse clonata, avviene solo se sullo scontrino è presente il nome del cliente: questo è quello che la legge dice.

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Entrando poi nel caso in questione del commerciante di diamanti, si parte dal presupposto che per nessuna ragione può addebitare alla America express oltre 24mila euro pagati da un cliente con una carta di credito clonata, se non ha annotato i suoi dati sullo scontrino del Pos.

Su questo argomento si è anche espressa la Cassazione, che ha appunto respinto il ricorso contro la decisione della corte d’Appello che, contrariamente a quanto deciso dal Tribunale, aveva escluso che l’American express, fosse tenuta a corrispondere ai gioiellieri la somma corrispondente alle transazioni fatte da un falso titolare della carta gestita dalla società statunitense. Ma approfondiamo l’argomento.

Carta di credito, nessun rimborso se i dati non sono sullo scontrino del Pos

Insomma non ci sono davvero dubbi, anche la Cassazione ha respinto il ricordo del commerciante di diamanti a cui era stata clonata la carte e il motivo è legato al fatto che il rimborso non può avvenire se non ci sono i dati sullo scontrino del Pos.

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Ad avviso dei giudici di primo grado, quest’ultima era, invece, tenuta a ripianare la perdita subìta dai commercianti. E questo, oltre che per la responsabilità in caso di clonazioni, anche perché il cliente aveva ritirato la merce il secondo giorno, inducendo così il ricorrente a non dubitare della legittimità delle operazioni. Ma la buona fede non basta se il commerciante non ha tenuto un comportamento corretto a fronte di un’operazione che si presentava come sospetta. Il venditore aveva permesso di frazionare la spesa in cinque operazioni di importo considerevole, nell’arco di 15 ore. Una modalità di esecuzione che imponeva cautela” questo si legge sulle motivazioni ufficiali.

Non è sufficiente infatti la testimonianza, secondo la quale il gioielliere aveva controllato il documento di identità, visto che non aveva annotato sugli scontrini il numero e i dati del compratore.