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Cesare Prandelli e la verità sul suo ritiro: “Ecco perchè ho smesso”

In un’intervista, l’ex Commissario tecnico della Nazionale ha svelato i motivi che lo hanno indotto al ritiro dalla panchine

Il 23 marzo 2021, Cesare Prandelli, all’indomani della sconfitta casalinga per 3-2 contro il Milan e dopo soltanto 10 mesi dal suo ritorno sulla panchina della Fiorentina, annuncia con una lettera aperta le sue dimissioni, facendo intendere che poteva anche essere il ritiro dal mondo del calcio. Oggi a distanza di due anni l’allenatore di Orzinuovi è tornato a raccontare i motivi di quella decisione.

Prandelli ha conquistato un secondo posto agli europei con l’Italia – Notizie.top – Ansa foto

Cremonese, Atalanta, Juventus e ancora Atalanta le squadre della sua carriera da calciatore, poi 20 anni sulle panchine di tante squadre come allenatore, anche estere, fino all’argento con la Nazionale italiana agli europei del 2012, dietro la grande Spagna di quegli anni.

 

Un percorso sofferto

Sembra strano dirlo, ma l’ultima Italia che ha giocato una fase finale della Coppa del Mondo è stata quella allenata proprio da Cesare Prandelli nel 2014, poi sono arrivate due cocenti mancate qualificazioni che ancora bruciano sulla pelle degli italiani. L’allenatore lombardo, dopo aver vinto tre scudetti, una Coppa Italia, una Coppa dei Campioni, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa UEFA, ha intrapreso una brillante carriera di allenatore che lo ha portato anche ad allenare importanti squadre all’estero. Quella lettera ai tifosi della Fiorentina in primis, ma a tutti gli appassionati di calcio poi, non spiegava fino in fondo i motivi di quello che sembrava essere a tutti gli effetti un addio all’attività. A distanza di due anni finalmente Prandelli svela i veri motivi di quella decisione. “Ora sto molto bene, seguo sempre il calcio, con passione. Ma non ho pensato neanche per un secondo di tornare ad allenare. Basta, fine”, ha raccontato in una recente intervista.  Vorrei fare qualcosa ancora, ma non l’allenatore. “Mi sono reso conto che ero arrivato: generazioni diverse, gestioni diverse, programmi diversi. Ho avuto la sensazione che qualsiasi cosa proponessi ricevevo parole brutte e stavo sul cavolo a tutti. Sono fuori tempo massimo, probabilmente. Capita”. 

 

L’ultima panchina con la Fiorentina – Notizie.top – Ansa foto

Venute meno le motivazioni

Genuino, schietto, uomo vero e tutto d’un pezzo come ha sempre dimostrato nel corso delle sue due carriere, Prandelli non usa giri di parole per spiegare lo stop dalle luci della ribalta. La pandemia e tutto il corredo di tragedia e di paura gli hanno amplificato il senso di impotenza di fronte all’ineluttabilità della vita e quegli stadi vuoti, dove erano costretti a mandare avanti lo show tutti i protagonisti del calcio, hanno amplificato la questione. Mi sono ammalato di troppo amore, non è retorica”, spiega l’ex tecnico, “in quegli stadi vuoti in cui ogni cosa era, insieme, amplificata e silenziosa, avevo perso il riscontro diretto con le cose, sembrava una bolla marziana. E poi io voglio troppo bene alla Fiorentina, non posso vederla soffrire e tantomeno sentirmi responsabile di questa sofferenza. Mi sentivo come quando vedi tuo figlio che sta tentando una cosa e vorresti farla tu, ma non sei in grado, perché non puoi farla. Questa è la sensazione che ho avuto. Vuoto e impotenza“.

 

Prandelli sulla panchina della Nazionale – Notizie.top -08

E’ cambiato il calcio

Come per tanti settori della società, anche il calcio in questi ultimi anni è profondamente cambiato e non è facile adeguarsi per chi è di un’altra generazione, tra procuratori, social network e stipendi che fanno ricchi giocatori ancora ragazzi. “Conosco tanti procuratori, persone veramente perbene, capaci di rapportarsi correttamente e di interagire anche con gli allenatori”, racconta ancora l’ex ct della nazionale, “loro sono utili, ai ragazzi e a noi. Ma poi c’è anche un altro mondo che schiaccia tutto, non guarda in faccia a nessuno mosso solo da un gigantesco interesse economico. E sui calciatori di oggi la cosa imbarazzante è quando tu finisci l’allenamento, entri nello spogliatoio e tutti sono con il telefonino in mano”. Ecco perchè alla fine ha deciso di dire basta. “Avevo bisogno di staccare da quella vita frenetica, un po’ schizofrenica. È stato un momento stregato: gli stadi vuoti, una sensazione di solitudine che mi avvolgeva. Era tutto vuoto, tutto rimbombava troppo. Dovevo mettere un muro tra me e quel silenzio”. 

Mauro Simoncelli

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