I ghiacciai alpini conservano ancora tracce del disastro nucleare di Chernobyl, avvenuto 37 anni fa, e l’arretramento dei ghiacci le fa emergere ancora più prepotentemente
Dalle ultime analisi, infatti, è emerso come la crioconite custodisca radionuclidi (un nuclide instabile che decade emettendo energia sotto forma di radiazioni) non solo naturali, come il piombo-210, ma anche artificiali, di cui è possibile desumerne l’origine. Il cesio-137, per esempio, svela proprio come le Alpi e le Dolomiti abbiano subito una significativa contaminazione proprio in seguito all’incidente di Chernobyl.
Nella notte del 26 aprile del 1986 esplose il reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl, allora Russia oggi Ucraina, uccidendo circa 30 addetti alla stessa centrale e ferendone un centinaio, ma le conseguenza tragiche del più grande disastro nucleare della storia saranno incalcolabili in tutta l’Europa per tanti anni.
La nube di Chernobyl continua a fare paura
Quando l’Europa prima e il mondo poi vennero a sapere del disastro di Chernobyl era oramai troppo tardi. La Russia di allora infatti, in piena guerra fredda, non poteva sopportare l’umiliazione di un disastro di quelle proporzioni e scelse di ritardare la comunicazione della gravità dell’accadimento sia ai propri concittadini sia al resto del mondo, giorni di ritardo che si rivelarono fatali quando la nube della morte avvolse l’intero continente. La conta dei morti diretti e indiretti causati dalle radiazioni è risultata sempre impossibile perchè le particelle radioattive restano per millenni attive e in grado di far ammalare e poi uccidere chiunque prima o poi ne venga a contatto. Ecco perchè fanno discutere i recenti risultati emersi da uno studio condotto sui ghiacciai delle Alpi e delle Dolomiti.
Un progetto che studia i ghiacciai
Si chiama di Ada 270, il progetto scientifico che ha visto il più imponente e profondo campionamento delle Alpi italiane. Era la primavera del 2021 quando un gruppo di ricercatori coordinati da Maggi, glaciologo della Bicocca, ha trivellato e portato a galla un blocco gelato di 225 metri per studiarlo nei pressi dell’Adamello, in piene Dolomiti del Trentino. E’ noto che i ghiacciai riescono a custodire i segreti del clima e della storia dell’uomo anche di migliaia di anni fa. Negli strati ghiaccio restano imprigionate polveri sottili antiche, microrganismi, bolle che hanno conservato l’aria di secoli fa e più si scava, più si va indietro nel tempo e si racconta una storia antica.
“Il ghiacciaio è un libro senza numeri di pagina, ogni tanto ne spunta uno”, ha spiegato lo stesso Maggi e gli scienziati purtroppo nello studiare l’enorme blocco di ghiaccio prelevato dal ghiacciaio hanno rintracciato le polveri sottili provenienti dalla nube radioattiva sprigionata dal reattore esploso di Chernobyl e questo ha evidenziato due problemi in uno: il primo che la nube ha effettivamente lasciato segni purtroppo quasi in delebili sulla superficie europea e il secondo è che “ci siamo mangiati trent’anni di ghiacciaio”, chiosa ancora il glaciologo facendo riferimento al progressivo scioglimento dei ghiacciai che ha scoperto quella porzione vecchia di 37 anni.