Capita spesso che in un condominio vi siano dei vicini rumorosi che disturbano la quiete, un problema sempre complicato da affrontare, ma che è regolato dalla legge
Il condominio “del mulino bianco” non esiste o, comunque, sono talmente rari i casi da non fare la differenza, le liti tra i proprietari degli appartamenti sono molto frequenti, ma non sempre di facile risoluzione. Schiamazzi e rumori molesti sono i problemi più frequenti, e ci sono diversi modi per poterli risolvere.
Quasi sempre nei regolamenti condominiali ci sono delle regole che vietano ai condomini di fare rumori in alcune ore della giornata. Questi inconvenienti si riscontrano soprattutto perché più persone devono condividere gli stessi spazi e purtroppo, spesso, mancano le basilari regole di civiltà e rispetto reciproco.
Innanzitutto è necessario definire il concetto di rumore, perchè esistono anche i casi “al contrario”, ossia quando il vicino si lamenta per motivi inesistenti: un appartamento non è una villa privata, né una chiesa dove la regola è il silenzio assoluto. Un rumore per essere definito molesto deve nuocere a più abitanti del condominio o del vicinato, perché se dà fastidio solo a pochi non può essere perseguibile. Resta il fatto che ogni condomino ha il diritto di vivere tranquillo e sereno nella propria casa. La giurisprudenza, comunque, definisce “rumori molesti” tutti quelli che avvengono durante le ore adibite al riposo e alla quiete, che superano i 3,5 decibel. Rumori molesti possono essere il cane che abbaia, la tv o musica ad alto volume, le feste fino a tarda sera, la lavatrice in funzione e anche il rumore di tacchi, ma vanno valutati anche in relazione all’orario in cui si verificano. Il primo modo di risolvere la questione con dei vicini poco attenti alla quiete degli altri è la “soluzione bonaria”, parlando direttamente con gli interessati per esprimergli il disagio di cui sono responsabili, magari inconsapevolmente. Si spera.
Se questo non bastasse lo step successivo è rivolgersi all’amministratore che potrà rivolgere ai responsabili del rumore un richiamo formale, fino a comminare una sanzione tra i 200 e gli 800 euro per violazione del regolamento condominiale. Il riferimento normativo è rappresentato dall’articolo 659 del Codice penale, che definisce il disturbo della quiete pubblica: “Chiunque”, recita fra l’altro l’articolo, “mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309”. Affinchè si possa applicare però è necessario chiamare le forze dell’ordine e che il rumore sia volontario, non accidentale, e persistente.
Troviamo un ulteriore riferimento normativo nell’art. 844 del codice civile, “il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”. Una sentenza (n.1606 del 2017 della Cassazione), basata su questa norma, ha stabilito un risarcimento del danno delle emissioni sonore anche in mancanza di prova, affermando che il pregiudizio alla salute e alla qualità della vita dovuto allo stress subito a causa delle molestie va risarcito come danno non patrimoniale, anche in assenza di una prova effettivamente documentata.
In mancanza di un regolamento condominiale, gli orari del silenzio nei condomini sono disciplinati dalla normativa prevista dal comune di residenza, che fissano generalmente le ore “ del silenzio” dalle 14.00 alle 16.00 e dalle 22.00 alle 8.00 nei giorno feriali. Il sabato e la domenica rimane il divieto di fare rumore.
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