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I guardiani contro Meta: “Costretti a controllare decapitazioni e stupri”

I guardiani dei social si ribellano e intentano una causa contro la società Meta: le motivazioni hanno a che fare con i video da controllare.

Pare proprio essere in procinto di partire una vera e propria causa da parte dei guardiani dei social, nei confronti della società Metà che ha a che fare con l’uso delle piattaforme social stesse.

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Ad avere raccontato il tutto è stato Trevin Brownie che per lavoro doveva guardare un video di 55 secondi con il preciso scopo di eliminare, rimuovere e categorizzare i contenuti più pericolosi: “C’era di tutto, pornografia minorile, bestialità di ogni tipo, necrofilia, violenza contro persone e animali, stupri. E decapitazioni” ha rivelato nella sua intervista per Financial Times e ancora: “Ho vomitato dopo aver visto il video di un uomo che si suicidava davanti al figlio di tre anni. Non vedi questi contenuti su Facebook perché ci siamo noi che li rimuoviamo”.

Davvero qualcosa di poco piacevole che seppur ha a che fare con il suo lavoro non smette di colpirlo profondamente, a lui come alle centinaia di persone che da oltre venti anni sono state reclutate per svolgere questo compito dalla società di San Francisco collegata a un centro di Nairobi, in Kenya, impegnato nella moderazione dei contenuti del social network di Meta.

Guardiani dei social contro Meta: scatta la denuncia

Insomma questa situazione alla lunga ha portato i guardiani che si occupano appunto  del controllo dei social a denunciare la società Meta per violazione dei diritti umani e risoluzione illegale del contratto di lavoro.

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Proprio come lavorare duramente nelle fabbriche o inalare polvere di carbone distruggeva i corpi dei lavoratori nell’era industriale, affermano i legali che sostengono la causa, così coloro che lavorano nell’officina digitale dei social media rischiano di avere la psiche danneggiata per sempre. Queste sono questioni in prima linea per i diritti dei lavoratori di questa generazione”, in questi termini Neema Mutemi, docente presso l’Università di Nairobi ha spiegato la situazione.

Ora non resta altro che attendere per scoprire come andrà a finire la causa in questione, la cosa certa è che la società Metà e i suoi social non si trovano in questa situazione per la prima volta nella loro vita, già nel 2020 Facebook ha accettato di pagare 52 milioni di dollari per risolvere una causa e fornire cure per la salute mentale ai moderatori di contenuti americani.

Si tratta quindi di una situazione già vissuta in passato e chissà se uscendone vittoriosi, non riescano in qualche modo a migliorare le loro condizioni di lavoro di tutto il settore.

Argia Renda

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