È successo prima di una partita della Champions League asiatica: il club saudita si è rifiutato di scendere in campo visto quanto successo nel pre-match
Un incidente diplomatico scoppiato alla vista del busto di Qassem Soleimani, generale morto in Iraq nel 2020 per un attacco dei droni americani. Stadio pieno, ma partita mai iniziata.
È quanto successo nella Champions League asiatica tra gli iraniani del Sepahan e i sauditi dell’Al-Ittihad, squadra di Kanté e Benzema che si è rifiutata di giocare quando ha visto il busto in questione, presente sulla pista di atletica. Qassem Soleimani è considerato un terrorista spietato, non un eroe di guerra come invece dipinto dai suoi connazionali. Per lui si rivelò fatale un attacco di droni (ordinato dagli americani): il militare era accusato di essere responsabile delle esecuzioni di migliaia di oppositori, pronto anche a muovere le armi contro i sauditi.
La sfida degli ottavi di finale non è mai partita nonostante l’impianto fosse già stato raggiunto da tantissimi tifosi. I media arabi, nella spiegazione della spiacevole situazione, hanno parlato di “elementi politici che non hanno nulla a che fare con il calcio”.
L’AFC (Confederazione asiatica) ha comunicato l’annullamento dell’incontro per “circostanze impreviste e imprevedibili” e ha voluto ribadire l’impegno “a garantire la sicurezza dei giocatori, degli arbitri, degli spettatori e di tutte le parti interessate coinvolte”. Ora saranno le autorità competenti a gestire l’incidente diplomatico. Non sono esclusi provvedimenti severi.
Le relazioni politiche tra Iran e Arabia Saudita sono state compromesse nel tempo. Il caso Soleimani rappresenta “soltanto” la punta dell’iceberg. La stampa saudita, infatti, accolse con grande soddisfazione la notizia del suo decesso. Un altro dettaglio, se così si può definire, fa comprendere meglio le tensioni esistenti tra le due nazioni: ogni volta che c’è un match tra club iraniani e sauditi, questo si disputa in campo neutro e a porte chiuse. L’edizione in corso della Champions asiatica è stata proprio la prima in cui il divieto è stato revocato ufficialmente. Non è andata proprio come ci si aspettava. O forse sì, in fin dei conti.
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