È uno dei dirigenti più vincenti e longevi del calcio italiano. Adriano Galliani con il Monza sta vivendo una seconda giovinezza, dando lustro alla squadra che tifava da bambino e che ha portato in Serie A per la prima volta nella sua storia…
L’epopea rossonera, le vittorie, sempre insieme a Silvio Berlusconi che è “la persona più buona che conosca”. Adriano Galliani in una lunga intervista al Corriere della Sera ripercorre diversi passaggi della sua vita.
Vita vera, privata, sentimenti che spesso s’intrecciano con il calcio che è la sua passione primordiale: “Ho imparato a leggere sulla Gazzetta…”, confessa. Galliani ora è tornato a Monza, dove tutto era iniziato, perché con la mamma andava allo stadio a seguire i biancorossi che erano di proprietà di uno zio materno. Ma a lui è riuscito quello che nessun altro aveva ottenuto e cioè la promozione in Serie A, arrivata la stagione scorsa, al termine dei playoff vinti contro il Pisa. Un mercato importante e la scelta di Palladino hanno garantito ai brianzoli una salvezza tranquilla e i progetti sono di crescita sempre sotto l’egida del duo Galliani-Berlusconi. Una coppia che ha riportato il Milan nell’élite europea, che ha regalato al Diavolo pagine indimenticabili, vittorie epiche in Italia e in Europa. Eppure nei progetti di Berlusconi, a metà degli anni ’80, non sembrava esserci il calcio.
Poi qualcosa cambiò l’ultimo dell’anno del 1986, quando il Cavaliere era a St. Moritz insieme a Galliani e Confalonieri per festeggiare il capodanno. Orario di aperitivo, il trio esce per andare al Palace e incontra Gianni Agnelli con i suoi fedelissimi, una scena che Adriano Galliani racconta sorridendo e con un riferimento cinematografico: “Sono in vacanza nella villa del presidente a St. Moritz, con Confalonieri e Dell’Ultri. Fa un freddo tremendo, usciamo imbacuccati per andare a prendere l’aperitivo al Palace e incrociamo il clan Agnelli: l’Avvocato con la camicia aperta, Montezemolo con il ciuffo, Jas Gawronski elegantissimo, forse Malagò. Al confronto noi sembravamo Totò e Peppino”.
Ma lì nasce l’idea Milan di Berlusconi: “Condividiamo il tavolo con loro. Alla fine Berlusconi ci dice: “Potremo fare anche noi grandi cose, ma non saremo mai come loro. Ci mancano venti centimetri di statura e il coraggio di esporre il petto villoso sottozero”. Qualche giorno dopo ci propose di prendere il Milan”. Quasi una sfida quella di Berlusconi allo strapotere di Angelli e della Juventus. Una sfida vinta, basta guardare oggi, dopo quasi 40 anni, la bacheca del Diavolo…
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