Hari Budha Magar, un soldato britannico e veterano dell’Afghanistan, è il primo uomo al mondo a scalare la montagna dell’Everest con delle protesi al posto delle gambe
A entrare nella storia è Hari Budha Magar che nel 2010 in Afghanistan, dove stava combattendo nelle Brigate Gurkha, un’unità speciale dell’esercito britannico composta da soldati gurkha nepalesi, aveva perso entrambi gli arti inferiori, calpestando accidentalmente un ordigno esplosivo improvvisato.
L’uomo ha scalato la montagna più alta del mondo con le protesi alle gambe appositamente adattate e supportato da 4 sherpa, un’impresa portata finalmente a termine dopo 18 giorni di attesa al campo base per maltempo.
Una grande lezione di vita
Dopo aver perso le gambe, per aver calpestato un ordigno esplosivo durante un pattugliamento in Afghanistan, Hari Budha Magar, a 43 anni, è riuscito a scalare la montagna più alta al mondo e conquistare il record mondiale. Una vittoria senza confini, una straordinaria prova della capacità umana al di là di qualsiasi sofferenza o impedimento, quella portata a termine dall’uomo nepalese arruolatosi nell’esercito britannico nel 1999. Il primo doppio amputato, sopra il ginocchio, a scalare gli 8.848 metri dell’Everest, la regina delle montagne. “Ce l’abbiamo fatta. Ho abbracciato gli sherpa e pianto come un bambino. Sono così felice”, ha dichiarato l’uomo appena arrivato in vetta. Il militare aveva perso entrambe le gambe, dal ginocchio in giù, in Afghanistan, prestando servizio per l’esercito britannico per lo scoppio di un ordigno rudimentale.
Una grande impresa
Venticinque le ore complessive tra andata e ritorno per completare il percorso fino alla vetta, con partenza dal campo 4. Un’avventura iniziata alle 21:50 dello scorso 18 maggio e conclusasi alle 23:00 del giorno successivo. Un’impresa particolarmente difficile, anche per lui che è già un alpinista da record, tanto che nel 2017 era già diventato il primo doppio amputato sopra il ginocchio a scalare una montagna più alta di 6.000 metri, per via dei tanti imprevisti giunti nel corso dell’ascesa al tetto del mondo. “Ho pensato più volte di smettere, per il bene della mia famiglia“, ha confessato alla stampa Magar. “Avevo fatto la promessa che sarei tornato a casa per mio figlio”. Al ritorno a Kathmandu, Magar è stato accolto dalla folla lungo la strada come un eroe e fatto sfilare per le vie della Capitale su un camion scoperto, decorato con moltissimi fiori. Con questa impresa Hari Budha Magar ha voluto lanciare un messaggio molto importante, ha detto che tutti quanti abbiamo le nostre debolezze e le nostre difficoltà, ma ognuno di noi dovrebbe concentrarsi non su queste, ma sulla forza che c’è in noi, così da poter condurre una vita migliore e molto più significativa.