Niente pensione alle persone che nel corso degli anni decidono di licenziarsi: la novità che blocca le dimissioni.
Si torna ancora una volta a parlare di pensioni che da sempre è un argomento di grande importanza che riguarda moltissime persone: la domanda che tutti si pongono è la seguente: spetta a chi si licenzia?
Partiamo dal presupposto che al momento esistono due misure di pensionamento che riguardano chi ha perso il posto di lavoro e ha preso l’indennità per disoccupati INPS: parliamo della quota 41 che vale per chi:
- 41 anni di contributi versati;
- 35 anni di contributi effettivi da lavoro (senza figurativi di malattia o disoccupazione);
- fine del periodo di fruizione della Naspi da almeno 3 mesi.
Ma la domanda a cui ancora non abbiamo risposto è che cosa succede a chi decide di licenziarsi? In quel caso come funziona la pensione e in che modo è possibile percepirla?
Pensione, cosa succede a chi lascia il lavoro?
Una delle misure che accomuna tutte le persone è quella che riguarda la Naspi che deve essere goduta anche se per la quota 41, la domanda di pensione si può presentare solo dopo 3 mesi dall’ultima mensilità di indennità di disoccupazione percepita.
E quindi, cosi come riporta la regola in merito: “Chi non rientra nel perimetro della Naspi non può accedere a nessuna delle due misure. Essere semplicemente privi di occupazione non basta. Vale la pena forse ricordare, per quanto attiene la durata della Naspi, che la misura viene erogata dall’INPS per un numero di settimane pari alla metà delle settimane lavorate effettivamente nei 4 anni precedenti l’interruzione dell’ultimo rapporto di lavoro. Sempre che i precedenti periodi di occupazione e disoccupazione successivi, non abbiano dato diritto ad altre prestazioni per disoccupati. La durata massima della Naspi pertanto è di 2 anni”.
Ovviamente per potere ricevere la pensione, lo stato di disoccupazione deve essere involontario e quindi non potranno percepire la Naspi, le persone il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito di dimissioni volontarie o di risoluzione consensuale. Rientrano nella lista le persone che hanno avuto:
- licenziamento a prescindere dal motivo (anche quello disciplinare);
- dimissioni per giusta causa;
- dimissioni non riconducibili alla libera scelta del lavoratore;
- dimissioni durante il periodo tutelato di maternità;
- risoluzione consensuale del rapporto di lavoro;
- accettazione dell’offerta di conciliazione.