Per contrastare l’uso indiscriminato della plastica arriva l’ennesima proposta provocazione da parte della Comunità Europea che non piace all’Italia
E’ chiaro che il sogno di ognuno di noi è quello di riuscire a fare la spesa al mercato rionale sotto casa, acquistando prodotti freschi, a prezzi umani, magari da contadini di antica tradizione e anche simpatici. Ma qualora ciò non fosse possibile, magari non tutti i giorni, perché non velocizzare i tempi acquistando delle porzioni di frutta e verdura già confezionate nel supermercato sotto casa?
L’Unione Europea ha avanzato una proposta di regolamento sugli imballaggi che mette a rischio questa possibilità. Addio frutta e verdura imbustata, o almeno sotto il chilo e mezzo di quantità del prodotto: così si produce e si consuma meno plastica, e l’ambiente ringrazia.
Non bastava la farina di grillo e le etichette sulle bottiglie di vino a creare allarmismo esagerato, da Bruxelles continuano ad arrivare proposte che mirano a imporre nuove regole a tavola in paesi come l’Italia dove la tradizione culinaria fa parte della nostra storia e della nostra cultura. L’ultima proposta formulata dalla UE è quella sul divieto di vendita di frutta e verdura già imbustata per un discorso green sull’uso della plastica e degli imballaggi. Anche a causa del ritmo della vita moderna, non sempre si ha il tempo di lavare, tagliare e sbucciare frutta e verdura, quindi il rischio è quello di un impatto negativo sui consumi, soprattutto sui prodotti di quarta gamma, ossia i freschi, lavati e confezionati, pronti per essere consumati, tipicamente frutta e verdura, con conseguenze pericolose sulla salute. Infatti, fa notare la Coldiretti, il regolamento proposto “imporrebbe, tra le altre cose, il divieto delle confezioni monouso per frutta e verdura di peso inferiore a 1,5 chilogrammi giudicate superflue e considerate al pari delle piccole confezioni di shampoo usate negli hotel”. L’esempio dell’insalata è probabilmente quello più immediato, ma la stessa cosa vale per i cestini di fragole, per le confezioni di pomodorini e tutti quegli imballaggi che, oltretutto, proteggono i prodotti da schiacciamenti durante il trasporto.
E allora, se la ratio di questa proposta è la tutela dell’ambiente, c’è da riflettere bene. Incentivare la realizzazione di grandi confezioni porterebbe quasi certamente a sprecare cibo, decisamente poco sostenibile e ancor meno etico. La direttiva impone anche la standardizzazione delle bottiglie per il vino e la riduzione del loro peso. Questo eliminerebbe il formato magnum e le tipologie di packaging necessarie, ad esempio, per i vini invecchiati. Ma non basta, perché dal primo gennaio 2030 il 10% delle bevande alcoliche immesse sul mercato potrebbe dover utilizzare imballaggi inseriti in sistemi di riuso e dal primo gennaio 2040 tale soglia sarebbe destinata a salire al 25%. Per i vini, a eccezione degli spumanti, i riferimenti sono del 5% a partire dal 2030 e del 15% entro l’inizio del 2040. Ovvio quindi che il regolamento andrebbe a colpire i due settori del Made in Italy più esportati all’estero, per questo la Coldiretti, pur condividendo la necessità di assicurare una maggiore sostenibilità dei consumi, chiede di “correggere l’attuale proposta, eliminando i divieti per il monouso di frutta e verdura sotto il peso di 1,5 chili e ricalibrando le misure per il settore vinicolo, al fine di non pregiudicare la qualità delle produzioni e la possibilità di scelta da parte dei consumatori”. Vi sarebbe inoltre il rischio concreto di un incremento dei prezzi di frutta e verdura nei supermercati, venendo meno la concorrenza dei prodotti confezionati, con un danno economico per la generalità dei consumatori.
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