La doppiatrice non ci sta e si scaglia contro l’Intelligenza Artificiale. Tanto è vero che le avrebbe rubato la sua voce
Remie Michelle Clarke è una doppiatrice irlandese. Ancor prima, però, è un fiume in piena. Ed il motivo è fin troppo evidente. Fino a questo momento della sua carriera guadagnava fino a 2mila dollari. Anche per 30 secondi della sua voce. Adesso, però, le cose sono decisamente cambiate. Basta sborsare, infatti, solamente 27 dollari per utilizzare la sua voce clonata. Senza che lei possa ricevere nulla in cambio .
Tutto questo per colpa dell’Intelligenza Artificiale. La doppiatrice ne ha parlato rilasciando una intervista al quotidiano “La Repubblica“. Queste sono alcune delle sue parole a riguardo: “Tutto inizia con una strana telefonata di un amico che mi chiede come avessi fatto ad offrirmi come doppiatrice virtuale su revoicer.com. Allo stesso tempo mi chiedeva se mi pagassero bene o meno, ma non riuscivo a capire di cosa stesse parlando“.
La doppiatrice Remie Clarke contro l’IA
Anche perché, a dire il vero, non aveva mai sentito parlare di questo “revoicer.com”. Per chi non lo sapesse si tratta di una startup che offre a pagamento centinaia di voci sintetizzate. La sua voce le è stata presentata con il nome di Olivia. Una volta che aveva ascoltato i “suoi” audio si era resa conto che, in realtà, non le aveva mai pronunciate fino ad ora. Una di queste le diceva: “Ciao, mi chiamo Olivia. Ho una voce morbida e carezzevole“.
A quanto pare, però, basterebbe solamente un file di pochi minuti visto che i programmi di I.A riescono ad individuare subito le forme d’onda più caratteristiche del parlato di qualcuno. Per quanto riguarda la legalità della procedura la doppiatrice ha rivelato che, anni fa, aveva doppiato la voce di Bing per Microsoft. In quella occasione aveva affermato: “Nel contratto si parlava della possibilità per terze parti di accedere ai miei campioni vocali”.
Poi ammette: “Le tecnologie di allora non facevano immaginare che sarebbe stato possibile clonare la mia voce“. Si scaglia contro la tecnologia che, con il passare del tempo, ha fatto degli importanti passi in avanti in questo campo. Solamente la giurisprudenza è rimasta indietro. La beffa, però, è che non esiste alcuna tutela legale: “Il problema è che la tecnologia ha fatto un salto in avanti e la giurisprudenza è rimasta indietro». E per tutto ciò non c’è nessuna tutela legale: “Al momento la voce non è ancora riconosciuta come un bene difendibile con il copyright“.