Che cosa succede al cervello dopo il coma? Un algoritmo può capire cosa accade dopo che avviene il risveglio e come sta il cervello stesso.
Fino a questo momento poteva sembrare qualcosa di incredibile, eppure la scienza fa davvero passi da gigante e pare che sia arrivata al punto in cui un algoritmo possa in qualche modo prevedere cosa accade dopo il coma.
Tanto per cominciare può prevedere i tempi di uscita dal coma e quindi anche le conseguenze delle lesioni celebrali, si tratta di un risultato portato avanti da parte del Cnr pubblicata sulla rivista Scientific reports, che indica quale potrebbe essere il percorso post risveglio dei pazienti con una precisione dell’85%: “Potrà quindi prevedere il grado di disabilità, le possibilità di recupero con la riabilitazione, il livello di coscienza. E sarà uno strumento utile a mettere a punto le terapie mediche e i percorsi clinici”.
Lo studio in particolare è stato realizzato dall’istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica di Messina e dall’istituto di analisi dei sistemi e informatica di Roma ed è stato realizzato grazie ai dati raccolti dall’istituto Sant’Anna di Crotone e altri centri clinici nazionali. Ma entriamo nel dettaglio.
Allora come detto prima, un gruppo di ricercatori ha condotto questo studio che ha appunto a che fare con quello che accade al cervello umano dopo che si sveglia dal coma, per poterlo fare sono stati presi in esame i dati di 156 pazienti con grave lesione cerebrale acquisita, cioè un danno al cervello esteso di origine traumatica o vascolare, tale da determinare uno stato di coma che può durare per brevi o lunghi periodi di tempo.
Dallo studio è stato possibile creare un modello che potesse far conoscere gli esiti clinici per ogni singolo paziente: “Nei casi di persone affette da gravi cerebrolesioni acquisite pur essendovi alcuni parametri clinici internazionalmente accettati che indicano quale potrà essere la probabilità di recupero della coscienza, non è possibile ad oggi conoscere con esattezza quale sarà il decorso clinico per ogni singolo paziente: i ricoveri ospedalieri, sia per gli per interventi rianimatori o neurochirurgici, sia per i successivi interventi di tipo riabilitativo, possono prolungarsi per settimane o mesi” queste le parole di Francesca Lucia Lucca, medico primario dell’unità di risveglio dell’Istituto S’Anna di Crotone.
Ma non finisce qua, i pazienti che sono stati presi in considerazione erano infatti ricoverati in strutture di riabilitazione intensiva che si trovano in tutto il territorio nazionale e quello che è venuto fuori è che la maggior parte aveva un danno di natura vascolare (50,6%), seguito da patologie traumatiche (36%) e anossia (9,6%).
“Avendo a disposizione una maggiore quantità di dati registrati lungo il decorso clinico dei pazienti ricoverati nei centri di neuroriabilitazione potremmo a breve fornire un sistema computazionale utile per supportare il personale medico, con informazioni aggiornate su come i trattamenti in atto possono deviare le traiettorie degli esiti clinici” ha infine concluso Antonio Cerasa, ricercatore del Cnr-Irib.
Alla ricerca del gelato più buono della capitale? Niente paura, ecco la lista delle 5…
Quella della Vespa Orientalis a Roma sta prendendo sempre più i contorni di una vera…
Quasi sempre, quando si cambia casa e si entra in una nuova abitazione, si sente…
Avete mai visto la casa di Gianni Morandi? Ecco le foto della sua casa in…
Un luogo sul mare, affascinante e conveniente, dove la vita scorre serena e il costo…
Dopo che Meta ha lanciato un nuovo social network, Threads, che sembra dare risultati ottimi,…