La sicurezza in auto fa passi da gigante con il progresso della tecnologia, ma serve sempre anche la giusta cultura di chi siede all’interno dell’abitacolo
A quanto pare allacciare le cinture di sicurezza sui sedili anteriori è molto più scontato che allacciarle sui sedili posteriori e, comunque, in Italia l’uso di questi fondamentali sistemi di sicurezza sono di gran lunga inferiori alla media europea, che è pari al 93% per i sedili anteriori e 79% per quelli posteriori.
In Italia l’obbligo di dotare di cintura di sicurezza tutte le autovetture di nuova immatricolazione fu introdotto nel 1976 ed entrò in vigore l’1 gennaio 1978. L’obbligo di dotarne anche i sedili posteriori entrò invece in vigore il 26 aprile 1990.
Forse non tutti sanno che è obbligatorio indossarle anche sui sedili posteriori. L’obbligatorietà dell’utilizzo arrivò solo nel 1988 sui sedili anteriori e, incredibilmente, solo nel 2006 l’obbligo si estese anche ai sedili posteriori. Questo obbligo è chiarito nell’articolo 172 del Codice della Strada, il quale specifica che l’uso delle cinture posteriori è richiesto per tutti i passeggeri, senza alcuna distinzione. Dal punto di vista tecnico, le cinture di sicurezza sono dispositivi di sicurezza passiva, cioè non possono evitare l’incidente, ma sono indispensabili per scongiurare danni importanti. Devono essere omologate (devono cioè essere realizzate rispettando certe specifiche tecniche e una serie di requisiti prestazionali) e non possono essere tolte dall’auto o modificate, pena il ritiro della carta di circolazione. In realtà non tutti rispettano questa norma, soprattutto quando sono seduti sui sedili posteriori nonostante il Ministero della salute spieghi che “Indossare la cintura di sicurezza riduce il rischio di morte per il passeggero anteriore del 40-65% e può ridurre i decessi riferiti agli occupanti dei sedili posteriori del 25-70%”.
In generale, l’obbligo di utilizzo delle cinture è previsto, in qualsiasi condizione di marcia (quindi non è obbligatorio tenerle allacciate in fase di sosta o di fermata) per il conducente e i passeggeri di tutti i veicoli che ne sono dotati. Ci sono però delle eccezioni, ad esempio le persone affette da patologie particolari e certificate da un medico sono esonerate dall’obbligo di indossare le cinture quando vi è una controindicazione specifica al loro uso, ad esempio per la compressione che possono esercitare sul torace e sugli organi interni di soggetti molto obesi, stessa ragione per le donne in gravidanza. Anche gli appartenenti alle forze di polizia o alle forze armate, quando sono in servizio, come anche i sanitari in caso di interventi di emergenza, gli istruttori di guida durante le lezioni pratiche e i conducenti dei veicoli per la raccolta e il trasporto dei rifiuti, in servizio nei centri abitati, sono esentati dall’obbligo di utilizzo delle cinture di sicurezza. “La cintura a tre punti è unica in quanto migliora la sicurezza di tutti i tipi di occupanti in ogni genere di incidente, sia sui sedili anteriori, sia su quelli posteriori. Si parla spesso dell’effetto protettivo nelle collisioni frontali, ma le cinture contribuiscono anche a evitare che gli occupanti delle vetture vengano proiettati fuori dalle stesse in caso ad esempio di ribaltamento”, afferma Hans Nyth, responsabile del centro per la sicurezza di Volvo Cars.
Chi non indossa la cintura di sicurezza durante la marcia rischia le sanzioni previste dall’articolo 172 del Codice della Strada, vale a dire una multa che varia dagli 83 euro ai 332 euro. Per il guidatore è prevista anche la decurtazione di 5 punti dalla patente: in caso di recidiva, entro due anni dalla prima violazione, si applica la sanzione accessoria della sospensione della patente fino a 2 mesi.
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