Smart working al passo d’addio: ecco cosa succederà ora

Dal primo luglio 2023 scade il diritto allo smart working anche per le ultime categorie di lavoratori a cui era ancora permesso

A fine mese scadrà definitivamente la possibilità di accedere al lavoro agile anche per le uniche categorie che ne fanno uso ancora oggi. Con la fine della pandemia è stata decretata la conclusione dello smart working, sempre che non arrivino delle proroghe per determinate categorie di lavoratori.

Il 30 giugno prossimo termina l’era dello Smart working – Notizie.top –

Dal 2017 è presente un quadro normativo definito per lo smart working in Italia. La normativa specifica cosa si intende per lavoro agile, dandone una definizione completa e regolando l’accordo che viene instaurato tra azienda e dipendente.

La fine del lavoro agile

Con il venir meno della pandemia da Covid, decretata ufficialmente dopo tre anni dall’OMS lo scorso 30 aprile, che era la ragione dietro la scelta di prorogare questa misura, adottata soltanto in chiave di prevenzione dal rischio del contagio nei luoghi di lavoro, il prossimo 30 giugno, in assenza di interventi del governo, scadrà il diritto sia per i fragili (tanto nel pubblico che nel privato) sia per i genitori con figli fino a 14 anni (solo nel privato) a lavorare secondo la modalità dello smart working. Quindi, anche queste categorie dovranno tornare in presenza sul posto di lavoro, a meno che non ci siano degli accordi privati diversi con l’azienda che regolino il lavoro agile. Il ministero spiega nella sua direttiva che il lavoro agile “è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”.

Cambia tutto per lo smart working – Notizie.top –

Il perchè del ritorno alla normalità

Lo smart working è un nuovo approccio al mondo del lavoro, alla collaborazione tra dipendente e azienda. Il dipendente lavora da casa non per lavorare di meno, o per non essere controllato, ma anzi diventa responsabile e consapevole del proprio lavoro, dei risultati che deve raggiungere. Un trend che alla fine in questi anni è convenuto a tutti, alle aziende che hanno risparmiato sui locali da adibire ad ambienti di lavoro, tra luce, pulizie ed altro e ai lavoratori che hanno risparmiato sui costi degli spostamenti e sui pasti. “Con il lavoro da remoto, che è stato una risorsa durante la pandemia, si perde la socialità del lavoro. In Europa oggi si sta discutendo sul right to disconnect perché il lavoro da casa potrebbe andare anche oltre l’orario concordato”, ha dichiarato pochi giorni fa la presidente della Corte Costituzionale, Silvana Sciarra. In alcune aziende, gli accordi privati tra datore di lavoro e dipendente, prevedono due o tre giorni di smart working alla settimana alternati ad altri giorni di lavoro in presenza.