Questa la stima media fatta dopo un’analisi approfondita portata avanti dal nuovo Focus Censis-Confcooperative
Sono ben 693 i miliardi di euro andati in fumo per l’aumento del costo del denaro e l’inflazione. Questo ha portato a un abbassamento della ricchezza finanziaria delle famiglie italiane del 14,4% nel 2022 rispetto ad un anno prima. Ne ha parlato il il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini: “La Bce sta provando a contrastare l’inflazione e a difendere l’euro dalla svalutazione rispetto al dollaro attraverso l’aumento dei tassi di interesse. Questa politica monetaria, però, rappresenta una tassa sul macinato per famiglie e imprese“.
Secondo quanto riportato dal nuovo Focus Censis-Confcooperative l’Italia sta facendo adesso i conti con i tassi di interesse. Lo scorso anno, infatti, il potere d’acquisto delle famiglie si è infatti ridotto di 100 miliardi di euro, per una media di almeno 3.800 euro a famiglia su base annua. E la situazione sarebbe stata ancora più complicata se non ci fossero stati gli interventi governativi. Una condizione economica che non solo produce un effetto pesante sui conti pubblici, ma determina pure notevoli cambiamenti nei comportamenti di spesa delle famiglie. L’aumento continuo dei tassi di interesse decisi negli ultimi 12 mesi dalla Bce hanno infatti determinato un balzo del tasso medio applicato al totale dei prestiti. Questo è schizzato dal 2,21 al 4,25%. Il Focus del Censis, citando i dati diffusi dal Consiglio Nazionale del Notariato, sottolinea come rispetto allo scorso anno si registrerà una riduzione del 17,1% delle compravendite di case fra privati e del 2,5% di quelle delle seconde case.
I fabbricati abitativi hanno subito un ridimensionamento delle decisioni di acquisto che si attesta intorno all’11%, che ha provocato un crollo del 10,1% delle richieste di mutui per l’acquisto di abitazioni e del 9,6% nel caso in cui i mutui richiesti siano compresi fra i 50.000 e i 150.000 euro. In Italia, su un totale di 25 milioni e 600 mila famiglie, 18,2 sono proprietarie dell’abitazione in cui vivono (il 70,8%, dati al 2021).
Allo stato attuale 3,3 milioni di queste (il 12,8% sul totale) sono impegnate con un mutuo da pagare e tra di loro circa 700 mila hanno già mostrato difficoltà, ritardando il pagamento di almeno una rata mensile. In questa fase le imprese stanno incontrando nuove difficoltà nell’accesso al credito, sebbene ancora in maniera contenuta. Facendo il confronto con lo scorso anno, i prestiti alle imprese del settore manifatturiero si sono ridotti dell’1,5% e nelle costruzioni dell’1,3%. Più estesa la differenza che separa l’accesso al credito delle piccole imprese da quello delle imprese medio-grandi: la riduzione nel periodo è stato di sei decimi di punto, mentre per le prime ha raggiunto il 4,4%.
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