Nel cibo tossico, spacciato per sano, sono stati ritrovati nitriti e nitrati per migliorarne aspetto e colore: “Avevo la vista annebbiata”
Sono passati due anni, Danilo Fanizzi ha parlato al Quotidiano di Puglia e raccontato cosa gli successe nel giugno 2021, quando pensava fosse semplicemente una calda giornata d’estate in famiglia. Una decina di persone in tutto il territorio italiano, quei giorni, avevano accusato intossicazioni alimentari dopo aver consumato del tonno che alcune società pugliesi avevano messo in vendita, grazie anche alla complicità di un laboratorio di analisi campano.
L’indagine della Procura di Trani ha portato all’esecuzione di 18 misure cautelari per il reato di associazione per delinquere finalizzata all’adulterazione di sostanze alimentari, frode in commercio e falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. Il tonno era stato spacciato per sano, al suo interno invece sono stati ritrovati nitriti e nitrati per migliorarne l’aspetto e il colore. Fanizzi, una delle vittime, ha ricordato quei momenti vissuti a Pezze di Greco, frazione del Comune di Fasano, in provincia di Brindisi, e i conseguenti malori accusati anche dal figlio: “Mentre lo cuocevo notai della schiuma strana. Non mi era mai successo, però pensai potesse essere normale”, ha detto l’uomo durante l’intervista rilasciata. “Il tonno pinne gialle aveva un sapore strano, ma ho pensato a un colpo di calore quando mio figlio più piccolo ha rigettato”.
“Per fortuna lo abbiamo mangiato a pranzo e non a cena…”
Il successivo malore ha fatto scattare l’allarme: Fenizzi, mentre stava salendo le scale per un riposino pomeridiano, cominciò ad avere la vista annebbiata. La moglie decise allora di chiamare i soccorsi: per i medici fu subito chiaro che quelli nient’altro erano che i sintomi di un avvelenamento. L’uomo ha proseguito: “Non so se ora sarei qui a raccontare quanto accaduto, se invece che a pranzo avessimo consumato il tonno a cena”. Non ha voluto pensare alle conseguenze di un malore accusato nel sonno. “I bambini ne hanno risentito anche fisicamente – ha concluso – in quanto l’avvelenamento ha fatto calare loro le difese immunitarie e nelle settimane successive sono sorti problemi di altri tipi. A distanza di due anni siamo ancora in cura psicologica…“.